Col governo Meloni siamo complici del genocidio
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Un cambio di rotta che potrebbe avere gravi conseguenze per gli ecosistemi.

Dopo oltre un anno di continuo sostegno a Israele dall’inizio degli scontri con la Palestina, l’Unione Europea ha finalmente fatto un primo passo formale per distanziarsi da Israele e dalla sua guerra nella Striscia di Gaza.
Kaja Kallas, responsabile della diplomazia europea, ha annunciato che l’Unione «rivedrà» il trattato di associazione con Israele firmato nel 1995 e in vigore dal 2000, che regola le relazioni politiche e commerciali fra gli stati membri e quello israeliano.
La decisione è il risultato di un voto a larga maggioranza del Consiglio dell’ Unione anche a seguito delle numerose proteste che si sono accese a l’Aja, nei Paesi Bassi, durante le scorse settimane. La revisione al momento non implica conseguenze immediate, ma potrebbe avere dei risvolti politici e commerciali in futuro.
Questa scelta impegna la Commissione Europea a verificare se Israele stia rispettando l’articolo 2 del trattato, in cui i paesi firmatari si impegnano «a rispettare i diritti dell’uomo e dei principi democratici». Se riterrà che ci sia stata una violazione, proporrà delle misure in risposta: quelle di natura politica dovranno essere votate all’unanimità (quindi con poca possibilità di passare), per quelle economiche basterà una maggioranza qualificata (almeno due terzi).
L’Italia, tuttavia, non è tra i paesi membri ad aver appoggiato il voto, anche se pochi giorni fa è arrivato il monito da parte di alcuni giuristi italiani di bloccare il rinnovo automatico del memorandum d’intesa per la collaborazione militare tra Italia e Israele.
Questo accordo racchiude due possibili aspetti di incostituzionalità: le violazioni dei diritti umani compiute da Israele nel conflitto a Gaza e il mancato rispetto del diritto all’informazione dei cittadini italiani sui relativi oneri finanziari che il memorandum comporta, coperti in parte da segreto militare.
L’ipotesi di genocidio nei confronti della popolazione di Gaza, su cui indaga la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja potrebbe mettere a rischio anche il governo italiano: la prosecuzione della cooperazione con lo Stato di Israele, potrebbe configurare come ipotesi di concorso o comunque appoggio ai crimini internazionali.
Le basi per la violazione sui diritti umani e l’accusa di genocidio sono conseguenti all’aggravarsi dell’approvvigionamento degli aiuti umanitari e alimentati per la popolazione di Gaza negli ultimi mesi.
Da marzo a maggio 2025, quasi nessun aiuto è entrato, aggravando una crisi già seria. Solo di recente, sotto pressione statunitense, sono stati autorizzati alcuni camion, mentre circa tremila risultano ancora bloccati ai confini.
Questo blocco è dovuto a una fase di transizione che vedrà alla fine di maggio, un nuovo meccanismo di distribuzione. Il sistema attuale, gestito da agenzie dell’Onu come l’Unrwa, sarà completamente sostituito dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), una fondazione svizzera di recente costituzione, che diventerà l’unico canale autorizzato per l’ingresso di cibo e medicinali. Israele giustifica il cambiamento con le accuse, mosse a gennaio 2024, secondo cui l’Unrwa sarebbe stata infiltrata da membri di Hamas. Il progetto del governo Netanyahu prevede la creazione di centri di distribuzione gestiti da contractor privati e protetti dalle forze armate israeliane, localizzati soprattutto nel sud della Striscia. Tuttavia, questa nuova configurazione potrebbe permettere a Israele di esercitare un controllo diretto e capillare sugli aiuti, escludendo del tutto la supervisione di osservatori internazionali indipendenti e andando ad aggravare ulteriormente la crisi umanitaria.
A cura di Lorena Piccinini.
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