Le spese per armamenti militari continuano a crescere, i numeri ci dicono che stiamo costruendo una vera e propria “Economia di guerra”
benessere collettivo cooperazione
Viviamo in un’epoca di grandi contraddizioni. Da un lato, le nostre società proclamano il desiderio di pace, prosperità e sostenibilità, mentre dall’altro gli ingranaggi dell’economia globale continuano a girare alimentati dai profitti delle aziende delle armi, un settore che trae vantaggio diretto dalla guerra e dalla distruzione.
Quello che i numeri ci mostrano è il chiaro segno di i nostri sistemi industriali si stiano sempre più riconfigurando per sostenere lo sviluppo di una vera e propria “economia di guerra”.
La guerra in Ucraina e i conflitti in Medio Oriente hanno portato a un record storico della spesa mondiale per la difesa nel 2023, raggiungendo i 2.443 miliardi di dollari (+6,8% rispetto al 2022). Questo ha avuto un impatto diretto sui bilanci e sulle quotazioni in borsa delle grandi multinazionali del settore, che hanno registrato un aumento del 22% nei soli primi tre mesi del 2024.
Nonostante l’obiettivo NATO di raggiungere il 2% del PIL entro il 2028, l’Italia spende già 1,7 dollari pro capite al giorno per la difesa, oltre il doppio della media mondiale (0,8 centesimi), ma ancora inferiore di tre volte rispetto all’Ucraina e del 20% rispetto alla Russia. Le grandi aziende statunitensi dominano il settore con il 74% del fatturato mondiale, seguite da quelle europee (22%) e asiatiche (4%). La capitalizzazione aggregata delle multinazionali della difesa ammonta a 760 miliardi di euro, pari allo 0,8% del valore complessivo delle borse mondiali.
Di fronte a queste cifre impressionanti e al crescente successo delle multinazionali della difesa, è fondamentale interrogarci sulle implicazioni etiche e sociali di un’economia che prospera sulla guerra. La vera sfida è rompere il legame tra violenza e profitto, costruendo un sistema economico che premi la cooperazione, la sostenibilità e l’inclusività.
Noi vorremmo che
Non è utopia, ma una necessità urgente.
La sfida è aperta: cosa possiamo fare per rompere il legame tra violenza e profitto e costruire un mondo migliore per le generazioni future? La risposta più importante risiede nel nostro lavoro e nelle nostre scelte quotidiane, nel nostro impegno a sostenere politiche e pratiche aziendali etiche, e nella nostra volontà di immaginare e costruire un futuro diverso.
È tempo di agire: abbiamo bisogno che ogni persona possa agire attraverso il proprio lavoro per un futuro più equo, inclusivo e sostenibile per tutt e dobbiamo impegnarci perché più persone possano scegliere il percorso dell’innovazione sociale invece di lavorare per aziende senza alcun impatto sociale o, peggio ancora, per aziende che producono morte.