Prova (1)

Nel maggio 2023, Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadinә italianә hanno presentato una causa civile nei confronti di ENI, Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e Ministero dell’Economia e delle Finanze  (MEF) – questi ultimi due enti in qualità di azionisti che esercitano un’influenza dominante su ENI – per i danni subiti e futuri, derivanti dai cambiamenti climatici a cui il colosso italiano del gas e del petrolio ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone pienamente consapevole

ENI, CDP e MEF avevano tuttavia risposto che nel nostro Paese una causa climatica non fosse procedibile. Le due organizzazioni e le cittadine e i cittadini hanno dunque fatto ricorso per regolamento di giurisdizione alla Suprema Corte, a cui hanno chiesto un pronunciamento in via definitiva appellandosi alla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione il 23 luglio hanno alla fine dato ragione a Greenpeace Italia, ReCommon, e alle cittadine e ai cittadini confermando che in Italia è possibile avere giustizia climatica. 

Con questa dichiarazione si dichiara che la tutela dei diritti umani fondamentali di cittadinә minacciatә dall’emergenza climatica è superiore a ogni altra prerogativa e da oggi sarà possibile avere giustizia climatica anche nei tribunali italiani. 

La causa ora dovrà andare a processo ma la Cassazione ha stabilito che la giurisdizione italiana è competente.

Nella stessa data anche la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, si è espressa sulla richiesta presentata nel 2023 dall’Assemblea Generale dell’ONU, su iniziativa dello Stato insulare di Vanuatu (uno dei Paesi maggiormente minacciati dall’innalzamento del livello del mare dovuto al cambiamento climatico), su due questioni:

  1. Quali sono gli obblighi degli Stati, ai sensi del diritto internazionale, volti a garantire la protezione del clima e dell’ambiente dalle emissioni antropogeniche di gas serra;
  2. Quali sono le conseguenze giuridiche per gli Stati che abbiano causato danni significativi al clima e all’ambiente.

La Corte ha ribadito l’importanza dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi e che limitare la temperatura media globale a 1,5°C è giuridicamente vincolante; i vari Stati sono tenuti dunque a adottare misure per mitigare le emissioni di gas serra e per adattarsi agli effetti del cambiamento climatico.

Grazie a questo pronunciamento si dichiara che gli Stati devono agire seguendo:

Gli Stati hanno dunque l’obbligo di rispettare e assicurare l’effettivo godimento dei diritti umani anche adottando le misure necessarie per proteggere il clima e l’ambiente.

Per il secondo punto invece la violazione degli obblighi climatici costituisce un atto illecito internazionale, che comporta la responsabilità dello Stato autore della violazione. 

Qualora invece l’autore della condotta sia un attore privato, lo Stato può essere considerato comunque responsabile se non abbia agito con la dovuta diligenza, ossia non abbia adottato misure adeguate a limitare le emissioni prodotte da soggetti privati sotto la sua giurisdizione.

Questo legittima quindi gli Stati ad imporre, per esempio alle società petrolifere, obiettivi più stringenti per la riduzione delle emissioni. 

Queste conclusioni non portano ad un’effettiva sanzione o conseguenza perché non riguardano casi specifici ma potranno essere usate da altri tribunali per obbligare altri paesi a ridurre le proprie emissioni di gas serra, che sono la causa dei cambiamenti climatici.

Questa sentenza rappresenta un’interpretazione molto autorevole delle norme internazionali, e potrà influenzare moltissimi contenziosi legali nel mondo.

Le cause che riguardano il clima  non sono mai solo una questione di risarcimenti, ma anche una forma di attivismo politico per stimolare i paesi ad agire, e ottenere misure concrete ed efficaci per contrastare il riscaldamento globale. Queste due sentenze rappresentano un risultato importante nella storia delle cause legali in tema di giustizia climatica.

A cura di Lorena Piccinini.

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