Senza Nome

L’intelligenza artificiale è ormai parte del nostro quotidiano: ci accompagna nel lavoro, nella scuola, nella sanità, nei servizi pubblici. Ma sappiamo davvero cosa comporta? Come può questa tecnologia diventare alleata del benessere sociale e della sostenibilità ambientale, invece di amplificare disuguaglianze o danni ecologici?

A queste domande ha provato a rispondere il webinar, organizzato dal gruppo Tecnologia e Sostenibilità, condotto da Maria Pacelli, che ha esplorato il potenziale dell’IA come strumento di inclusione e progresso sostenibile.

L’evento ha offerto uno sguardo ampio ma concreto: l’intelligenza artificiale può essere una risorsa, ma solo se viene governata con consapevolezza, responsabilità e criteri etici chiari.

Un quadro normativo che mette al centro la persona

Uno degli elementi più rilevanti discussi riguarda l’approccio normativo dell’Unione Europea. A differenza degli Stati Uniti, dove lo sviluppo dell’IA è spesso lasciato alle logiche di mercato, l’Europa ha scelto di regolamentare in modo chiaro e preventivo. L’AI Act, ad esempio, è la prima proposta di legge al mondo che intende regolare l’uso dell’IA in base al livello di rischio che comporta: da “minimo” a “inaccettabile”. Sistemi che generano disinformazione o discriminazioni, ad esempio, saranno vietati. Altri, invece, dovranno rispettare obblighi di trasparenza, tracciabilità e supervisione umana.

Questo approccio umano-centrico – ribadito anche nella Dichiarazione europea sui diritti digitali – afferma un principio chiave: la tecnologia deve servire l’essere umano, non sostituirlo né dominarlo.

Lavoro: tra rischi e possibilità

L’intelligenza artificiale sta trasformando radicalmente il mondo del lavoro. Se da un lato automatizza attività ripetitive (come la logistica, il controllo qualità o il customer service), dall’altro apre spazi per nuove professionalità, soprattutto nei settori legati all’analisi dati, alla progettazione digitale, alla sicurezza informatica.

Il rischio, però, è che il cambiamento non sia equo. Chi non ha accesso alla formazione o alle competenze digitali rischia di restare indietro. Da qui l’urgenza di rafforzare l’alfabetizzazione digitale, non solo per i giovani, ma anche per chi è già nel mondo del lavoro o per chi ne è ai margini: disoccupati, anziani, persone con disabilità.

In questo contesto, la formazione continua non è un opzionale, ma un diritto e una necessità. Servono percorsi di aggiornamento accessibili, inclusivi e collegati con le esigenze reali del mercato.

Sostenibilità ambientale: l’IA tra risorsa e responsabilità

Uno dei nodi più urgenti emersi riguarda l’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale. Sebbene l’IA possa essere una leva importante per la transizione ecologica, non è priva di conseguenze ambientali.

Sul versante positivo, l’IA è già oggi uno strumento chiave per migliorare l’efficienza energetica. Può ottimizzare i consumi negli edifici e nei trasporti, rendere più sostenibili i processi industriali, facilitare la gestione intelligente delle reti elettriche e supportare l’agricoltura di precisione, riducendo sprechi di acqua, fertilizzanti e pesticidi. Inoltre, sistemi predittivi basati su IA possono migliorare  la raccolta differenziata e la gestione dei rifiuti urbani, contribuendo a modelli più efficaci di economia circolare.

Tuttavia, questi vantaggi non sono a impatto zero. I modelli di IA, soprattutto quelli di grandi dimensioni (come i sistemi generativi), richiedono potenza di calcolo elevata, alimentata da ingenti quantità di energia e acqua. I data center che li supportano hanno un’impronta ambientale crescente. A questo si aggiungono problemi come l’obsolescenza accelerata dei dispositivi hardware e le emissioni legate alla produzione e allo smaltimento di componenti elettronici.

Per ridurre questi effetti, servono strategie mirate. Tra le più promettenti c’è l’adozione di tecnologie open source, che offrono trasparenza sui consumi energetici, tracciabilità dei dati, possibilità di collaborazione tra enti pubblici e comunità scientifica, riuso del codice e controllo diffuso sull’impatto ecologico dei modelli.

Accanto all’open source, è essenziale investire in energie rinnovabili, rendere più efficienti le infrastrutture digitali e progettare modelli di IA più leggeri e meno energivori.

Serve anche promuovere una cultura digitale consapevole: ogni azione online ha un costo ambientale. Renderlo visibile è il primo passo per limitarlo.

La sfida dell’inclusione e della consapevolezza

Il punto forse più importante emerso è che l’IA non è (solo) una questione tecnologica ed economica, ma sociale. Serve una cultura digitale diffusa, che permetta ai cittadini di usare consapevolmente queste tecnologie, di comprenderne i limiti, di riconoscerne i rischi e di chiedere tutele. L’informazione corretta, la trasparenza dei sistemi, la possibilità di sapere “come” e “perché” un algoritmo prende certe decisioni, sono elementi fondamentali.

In questo senso, l’intelligenza collettiva – cioè la capacità di istituzioni, comunità, professionisti e cittadini di collaborare e condividere saperi – è la chiave per costruire un’IA che davvero rispetti l’etica, l’ambiente e le persone.

A cura di Maria Pacelli

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