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In questa intervista Fabrizio, manager sportivo, ci racconta la storia e la missione dell’ A.S.D. Delta Kappa Pantere Rugby, un’associazione sportiva nata a Sommatino con l’obiettivo di promuovere il rugby come strumento educativo e sociale. Scopriremo come il club si impegna a creare opportunità per tuttə, offrendo molto più di semplici allenamenti e partite. Un vero e proprio esempio di come lo sport possa diventare un motore di cambiamento per la comunità e il territorio.

Ciao Fabrizio, ci racconti in breve chi sei e di cosa si occupa la tua organizzazione?

Mi chiamo Fabrizio Blandi, sono il Direttore dell’Offerta Sportiva dell’A.S.D. Delta Kappa Pantere Rugby, con sede in Sommatino (CL). Ci occupiamo di sport, di rugby in particolare, ed ancora più in particolare di sport inclusivo e partecipativo nell’areale di Sommatino (CL), Delia (CL), Riesi (CL) e Canicattì (AG). Ci poniamo l’obiettivo di coinvolgere quantə più bambinə e ragazzə possibile in una proposta sportiva, educativa e sociale che ponga al centro l’acquisizione di competenze per la cittadinanza attiva nel nostro territorio. Sentiamo che essere un rugbista sia più di essere un semplice sportivo e che ‘sostegno’ sia una parola che ci contraddistingue dentro e fuori dal campo. Ci prendiamo cura dei nostri atleti, atlete e delle loro famiglie in un processo mutuale, in cui ognuno apporta qualcosa di unico ed importante. L’accento sugli aspetti educativi è fondamentale anche nei rapporti con i nostri partner d’elezione: le scuole e le agenzie educative territoriali.

Quando è nata l’organizzazione?

A Luglio 2023, ma abbiamo cominciato le attività nel 2022, con un PON scolastico a Sommatino e Delia, il paese limitrofo.

Hai uno o più link che possiamo usare per raccontare di cosa si occupa?

Qui trovate il link alla pagina Instagram.

Quanto tempo riesci a dedicare al progetto in questa fase?

Più di venti ore a settimana

Che forma giuridica avete?

Associazione Sportiva Dilettantistica, con affiliazione a FIR e all’EPS ENDAS.

Qual’è una definizione o una parola che useresti per spiegare cos’è?

Il potere educativo dello sport condiviso

Racconta qual è stata la scintilla iniziale, se c’è stato un episodio o un momento in cui hai deciso che questo progetto ti avrebbe assorbito e sarebbe diventato la tua vita

Quando siamo entrati a scuola ci siamo resi conto che, soprattutto tra i bambini e le bambine (e le loro famiglie), c’era voglia di un’offerta sportiva che avesse al centro una proposta inclusiva e condivisa, che non fosse legata alla partita domenicale o agli allenamenti settimanali, ma che al contrario si espandesse verso attività che contribuissero alla “fioritura” del territorio. Vedere tantə bambinə che non avevano trovato spazio altrove perché “diversi” o “scarsi” avvicinarsi con entusiasmo e trovare una loro dimensione ci ha resi orgogliosi e pronti a spenderci per questo. Abbiamo pensato il club come una comunità che si organizza per creare opportunità di crescita mutuale sotto l’aspetto della salute, dell’educazione e anche del lavoro: è una frontiera verso cui molti club, soprattutto al Sud, dovrebbero guardare.

Sei felice di fare ciò che fai? Cosa ti rende felice?

Mi rende felice aver creato una comunità di persone che “si tengono insieme”, costruire gioia e bellezza giorno dopo giorno, sentendo la fiducia reciproca. Mi rende felice il terzo tempo dopo gli allenamenti e aver portato quattro ragazzə di una comunità per minori a diventare prima atletə e poi allenatori/trici.

Qual è la vostra forma di attivismo? Che messaggio lancia alla società?

Essere club ed essere comunità territoriale (del e per il territorio) vanno a braccetto! Costruiamo esperienze per tuttə con attenzione al loro benessere. Fare sport significa quindi prendersi cura del territorio.

Crediamo nelle 3P di Jean Coté (1993): Persona, Partecipazione, Prestazione. ‘Persona’ significa valorizzare i percorsi individuali e offrire l’opportunità a tuttə di crescere secondo le proprie inclinazioni nel rispetto del contesto comunitario. ‘Partecipazione’, verso il club e fuori dal club, per creare un ambiente che sia accogliente, che ispiri fiducia e dove ognun* possa sentirsi a casa, attraverso opportunità di socializzazione varie e non solo legate allo sport. ‘Prestazione’, nel rispetto delle qualità e dei tempi di tuttə, per garantire la soddisfazione lungo tutto il processo educativo dell’atleta e della sua famiglia.

Cosa rappresenta Pantere Rugby per la comunità del vostro territorio?

Rappresenta un’esperienza di club che esula dal vincere e perdere. Siamo prima di tutto un’agenzia educativa e quindi non vinciamo o perdiamo, ma portiamo per mano persone in un processo di crescita.

Quanto sei soddisfatto del supporto che hai ricevuto dalla Pubblica Amministrazione?

Non troppo, ma non mi aspetto niente di diverso. Siamo ancora considerati molto, troppo diversi. Chi ha mai visto una squadra di rugby nei nostri paesi? E, soprattutto, chi ha mai visto una squadra di rugby che, oltre agli allenamenti, organizza mangiate conviviali e propone allenamenti aperti a tuttə? Ci vuole del tempo, ma noi abbiamo pazienza.

Che consigli daresti ad un’altra persona che vuole intraprendere un percorso come il tuo? Quali sono le cose più importanti da sapere e i rischi di cui è indispensabile essere a conoscenza?

Fare associazionismo per gli altri vuol dire essere organizzati. Ricordati sempre che creiamo valore e per farlo bisogna conoscere gli strumenti indispensabili per programmare, controllare e misurare. Dì sempre “grazie”, anche quando è poco ciò che ricevi e non avere ribrezzo dei soldi. Generare valore (non profitto) è generare ricchezza. Il rischio principale è quello di restare da soli, dai fiducia a chi ti sta accanto: magari cinque su dieci non ti crederanno, ma gli altri cinque ti prenderanno per mano e condivideranno con te una parte del percorso. Infine non avere timore degli abbandoni: a volte le traiettorie personali cambiano, ma se hai trattato bene le persone allora resterà una buona relazione.

Quali sono, se esistono, le modalità di interagire con la vostra realtà per una persona che la sta scoprendo in questa intervista e vuole incontrarvi?

Scrivici! Chiamaci! Vienici a trovare al campo o porta la tua idea e proviamo a svilupparla insieme. Ci sono solo porte aperte per chi vuole interagire con noi, anche da lontano.

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