L’8 e 9 giugno 2025 si vota per 5 referendum popolari, 4 riguardanti i diritti dei lavoratori e 1 la cittadinanza. Con il tuo voto puoi dire SÌ per cambiare le leggi attuali, o NO per mantenerle come sono.
Quesito 1: LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI (imprese con più di 15 dipendenti)
Il quesito propone l’ABROGAZIONE delle norme che disciplinano il “Contratto di lavoro a tutele crescenti”, dove per un licenziamento illegittimo non è più previsto l’Art. 18. In questo modo, nelle imprese con un numero di dipendenti maggiori di 15, sarà previsto il reintegro nel posto di lavoro.
Il licenziamento è il recesso unilaterale del datore di lavoro da un rapporto di lavoro subordinato. Deve essere comunicato per iscritto e motivato.
La normativa distingue diverse tipologie di licenziamento, prevedendo specifiche tutele per i lavoratori in caso di licenziamento illegittimo.
La legge prevede 4 tipi di licenziamenti legittimi:
- Per giusta causa: ad esempio furto, assenze ingiustificate, violenza, molestie.
- Per giustificato motivo soggettivo: ad esempio scarso rendimento, negligenza, ecc.
- Per giustificato motivo oggettivo: motivazioni economiche, organizzative o produttive, ad esempio calo di fatturato, ristrutturazione, mansione non più presente
- Ad Nutum: valido per apprendisti che abbiano terminato il contratto, lavoratori in prova o con vecchiaia
Per i licenziamenti illegittimi attualmente, avendo abolito l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori con il Jobs Act, la normativa prevede un indennizzo economico ma non prevede la possibilità di reintegro sul posto di lavoro, anche se l’ingiustizia è stata dimostrata.
Il referendum intende restituire ai lavoratori una tutela più forte, fondata sulla possibilità di reintegro nel posto di lavoro.
Più nel dettaglio, se vince il SI abbiamo:
Fine del sistema a tutele crescenti: le aziende con oltre 15 dipendenti dovranno applicare nuovamente l’Art. 18, con il reintegro obbligatorio nei casi di licenziamento illegittimo.
Maggiori garanzie per i lavoratori: chi viene licenziato senza giusta causa non sarà più risarcito con somme predeterminate, ma potrà ottenere il reintegro o un indennizzo proporzionato al danno subito.
Maggior deterrenza contro i licenziamenti facili: le aziende dovranno valutare con maggiore attenzione i licenziamenti, evitando abusi.
Quesito 2: LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI (piccole imprese, con meno di 15 dipendenti)
Il quesito riguarda l’abolizione della limitazione dell’indennizzo per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, in particolare l’abrogazione del tetto massimo di 6 mensilità stabilito dalla legge 604/1966, come modificato dalla legge 108/1990.
Il Jobs Act del 2015, ha introdotto un sistema che limita il risarcimento per i licenziamenti ingiustificati con una cifra fissa di indennizzo (da 2 a 6 mensilità) a seconda dell’anzianità del lavoratore e delle dimensioni aziendali.
Questo sistema limita di fatto la protezione economica dei lavoratori licenziasti senza giusta causa o senza giustificato motivo
Il referendum vuole eliminare il massimo previsto per aumentare la tutela dei lavoratori nelle piccole aziende, dove spesso la subordinazione può sfociare in una situazione di subalternità.
Più nel dettaglio, se vince il SI abbiamo:
- Rimozione del tetto massimo delle 6 mensilità: ci sarà una maggiore equità nel risarcimento dei danni per il licenziamento ingiustificato, perché la cifra verrà adattata al caso specifico.
- Deterrenza contro comportamenti scorretti: l’indennizzo maggiore limiterà i licenziamenti arbitrari, poiché i datori di lavoro dovranno giustificare correttamente i licenziamenti per evitare sanzioni ingenti.
- Adattamento alle piccole realtà economiche: spesso le piccole imprese operano con fatturati elevati, ma con strutture organizzative e procedurali più fragili, il lavoratore sarebbe tutelato contro potenziali abusi da parte del datore di lavoro.
- Maggiore protezione per i lavoratori nelle piccole imprese: rafforzare la tutela contro il licenziamento illegittimo nelle piccole imprese diminuisce la vulnerabilità del lavoratore e riduce il rischio di subire discriminazioni o licenziamenti ingiustificati, soprattutto quando le relazioni interpersonali all’interno dell’azienda sono più dirette e informali
Quesito 3: REGOLAMENTAZIONE DEI CONTRATTI A TERMINE
Il quesito riguarda l’abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi.
In Italia, secondo la legge attuale (art. 1 del D. Lgs. 81/2015, modificato dal DL 48/2023), la forma normale di lavoro è quella a tempo indeterminato e il contratto a tempo determinato un’eccezione e da utilizzare solo se c’è una motivazione specifica e giustificata. Il datore di lavoro deve indicare chiaramente la causa per cui si assume una persona per un periodo limitato. In assenza di tale motivazione, il contratto dovrebbe automaticamente trasformarsi in uno a tempo indeterminato. Oggi il contratto a termine è diventato sempre più la norma e spesso usato senza una vera giustificazione.
Il referendum vuole limitare il ricorso ai contratti a termine e cambiare l’abuso di questa forma di lavoro precario stabilendo che la causale debba essere definita dai contratti collettivi e non decisa liberamente dal singolo datore di lavoro.
Più nel dettaglio, se vince il SI abbiamo:
I contratti a termine ammessi solo se c’è una causa precisa e giustificata (ad esempio, sostituire un lavoratore in malattia o per picchi produttivi). Le causali dovranno essere stabilite dai contratti collettivi, non da singoli datori di lavoro. Se il referendum passa, si modificano i seguenti articoli del DL 81/2015
- Articolo 19 – I contratti a termine potranno durare fino a 24 mesi solo se: 1) Previste dal contratto collettivo. 2) Il lavoratore sostituisce un altro lavoratore assente. 3) In caso contrario, il contratto si trasformerà automaticamente in un contratto a tempo indeterminato. 4) Il contratto dovrà contenere una causale scritta.
- Articolo 21 – Proroghe e rinnovi dei contratti a termine saranno possibili solo se sussistono le stesse condizioni previste dall’articolo 19. In assenza di causale giustificativa, il contratto diventerà a tempo indeterminato.
Quesito 4: RESPONSABILITÀ SOLIDALE NEGLI APPALTI
Il quesito riguarda l’abrogazione delle norme che escludono della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice.
Attualmente una parte della norma dell’articolo 26, comma 4, del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/2008) esclude il committente (l’azienda o l’ente che affida un appalto) dalla responsabilità solidale per il risarcimento dei danni differenziali derivanti da infortuni sul lavoro o malattie professionali.
La responsabilità solidale, principio su cui si basa il quesito, permette al lavoratore di chiedere il risarcimento non solo al proprio datore di lavoro diretto (appaltatore o subappaltatore), ma anche al committente, cioè l’impresa o l’ente che ha affidato l’appalto.
Se il referendum venisse approvato, il committente sarebbe sempre responsabile, in solido con l’appaltatore e il subappaltatore, per il risarcimento del danno differenziale non coperto dall’INAIL.
Più nel dettaglio, se vince il SI abbiamo:
Tutele maggiori per i lavoratori: oggi, se un’azienda appaltatrice non è in grado di pagare il risarcimento, il lavoratore rischia di non ottenere nulla. Ripristinare la responsabilità solidale garantisce che chi ha commissionato il lavoro (e che spesso trae vantaggio economico da esso) risponda per i danni subiti dai lavoratori.
Attenzione maggiore nella selezione degli appaltatori: Se il committente sa di poter essere ritenuto responsabile, sarà incentivato a scegliere aziende serie, con adeguati standard di sicurezza, anziché limitarsi a premiare chi offre il prezzo più basso. Questo potrebbe ridurre il rischio di appalti al massimo ribasso e il ricorso a imprese poco affidabili.
Maggiore protezione nei settori ad alto rischio: I lavori in appalto spesso sono in settori ad alto rischio di infortuni (es. edilizia, logistica) e che coinvolgono spesso migranti o persone in condizioni di vulnerabilità, meno consapevoli dei propri diritti e più esposti a condizioni lavorative pericolose.
Giustizia per le vittime di incidenti sul lavoro: Nel 2023, solo nella Città Metropolitana di Milano, sono stati denunciati migliaia di infortuni sul lavoro. Ogni giorno in Italia 3 lavoratori muoiono a causa di incidenti sul lavoro. Troppo spesso, le famiglie delle vittime restano senza un risarcimento adeguato. Con la vittoria del SÌ, il committente non potrà più sottrarsi alla propria responsabilità in questi casi.
Quesito 5: CITTADINANZA
Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana.
A cura di Ornella Torresani.