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Fabrizio, manager sportivo, il suo impegno è rivolto alla creazione di un legame tra sport e comunità, con particolare attenzione all’inclusività e alla formazione. Lavora con diverse realtà locali per promuovere l’attività sportiva tra i giovani, dando particolare importanza all’inclusione di chi vive situazioni di disagio psico-sociale e socio-economico. Attraverso progetti concreti e la collaborazione con scuole e associazioni, offre opportunità di crescita e sviluppo, sia a livello sportivo che personale.

Ciao Fabrizio ci racconti in breve chi sei, di cosa ti occupi, del tuo lavoro e dei tuoi progetti?

Sono un manager sportivo che si occupa di sport di base e inclusivo, in particolare con una squadra di rugby, le Pantere. Mi occupo attualmente tanto della parte sportiva e della formazione sportiva quanto di progetti sociali per il mio club, e aiuto altre realtà sportive a svilupparsi. Porto avanti un progetto di sport e formazione in sinergia con la Comunità per minori Crisalide. Da due anni, con cadenza settimanale, i ragazzi della comunità si allenano al campo, giocano nei campionati ufficiali e, da quest’anno, hanno anche intrapreso il percorso per diventare allenatori. Con l’ASD Isola che non c’è, ci occupiamo di inclusione del disagio psico-sociale e socio-economico dai 2 agli 11 anni. Siamo inoltre presenti in quattro istituti comprensivi del territorio: Canicattì (AG), Sommatino e Delia (CL), Riesi (CL) e Mazzarino (CL). Con queste scuole, portiamo avanti progetti di promozione dell’attività sportiva inclusiva e del rugby inclusivo in particolare. Vogliamo essere riconosciuti come un’agenzia educativa a supporto delle scuole e delle comunità nel loro processo di crescita.

Come mai hai deciso di intraprendere questo percorso? Che cosa ti motiva e ti interessa veramente?

La mia profonda motivazione deriva dalla testardaggine di non essermene mai andato dalla Sicilia. Sono fermamente convinto che le comunità, quando si auto-organizzano per il bene comune, siano l’elemento trascinante della rinascita della nostra terra. Oggi, nel mio territorio, vedo tante persone che, con piccoli gesti, cercano di aggiungere un tassello di bellezza, un presidio di speranza e di lotta, e sarebbe bello poter essere a sostegno, come nel rugby. A proposito di rugby, è stato il rugby a darmi la motivazione. Ti rendi conto di quanto impatto tu possa avere con le tue parole e i tuoi gesti sulla vita delle persone. Quando ho cominciato a lavorare anche con il disagio e la disabilità, ho capito che essere solo un allenatore non mi bastava. Voglio crescere con gli altri e per aiutare gli altri. Così mi sono interessato alla gestione sportiva e poi alla progettazione, e grazie anche a chi mi ha dato fiducia e ha sensibilità, come Nissa Rugby a Caltanissetta, abbiamo potuto raggiungere tanti bei traguardi. Adesso, con le Pantere, vogliamo dialogare ancora più in profondità con il territorio e penso che siamo sulla buona strada.

Dove vivi e lavori?

Vivo e lavoro a Sommatino, in Sicilia

Quali sono le criticità più importanti nel tuo territorio? (la regione in cui vivi)

L’elevata emigrazione, acuita dalla scarsa mobilità sociale e dall’insufficienza dei servizi per lavoratori e famiglie, è sicuramente uno degli aspetti critici del nostro territorio. Nella sola provincia di Caltanissetta, nei dieci anni passati, 60.000 persone sono andate via, un po’ come se la città di Caltanissetta fosse scomparsa. Questo fenomeno è ancora più drammatico nei piccoli centri, dove il lavoro è un lusso e il divario di genere è ancora più significativo. Un altro aspetto riguarda il fenomeno dei NEET. Siamo fanalino di coda della classifica europea, con una percentuale di NEET femminili che si avvicina a 1 su 2 (48%, con punte più alte in alcune zone).

Nel tuo territorio cosa dovrebbe portare l’innovazione sociale per generare un vero cambiamento?

Servizi vicini alle persone ed educazione a tutti i livelli e in varie forme sono, secondo me, le chiavi del cambiamento. Abbiamo bisogno di creare competenze per far ripartire la Sicilia, a partire dalle iniziative che dialogano con le comunità. Ci viene riconosciuta una peculiarità in quello che facciamo, e dobbiamo sfruttarla a nostro vantaggio. Ancora di più, bisogna porre l’accento sull’educazione, che crea autonomia di pensiero e di azione. È fondamentale sostenere i presidi educativi sul territorio e aprire un dialogo sui bisogni che parta dal basso.

Quale contributo porti alla nostra comunità? (Apical/Solar)

Creare inclusione sociale attraverso la progettazione di spazi accessibili e la diffusione della cultura dell’accoglienza.
Lotta alla povertà educativa attraverso la diffusione di cultura e opportunità per i più piccoli.
Rigenerare i territori fragili attraverso la creazione di progetti di comunità.
La mia creatività e la mia esperienza come gestore di piccole realtà, che rappresentano il tessuto delle comunità e un’opportunità importante di sviluppo.
La mia esperienza come manager nello sport di base e nei sistemi sportivi italiani.
La mia capacità di progettare e la mia empatia verso chi mi sta di fronte.

Cosa vedi nel futuro dell’innovazione sociale?

Maggiore protagonismo in un contesto che chiede glocalizzazione e flessibilità. Maggiore capacità di creare impresa nel sociale e per il sociale soprattutto in territori disagiati. Spinta più forte al networking e all’organizzazione di hub di competenze diverse che dialogano e collaborano in diverse progettualità.

Che consigli daresti a una persona che vuole intraprendere una strada simile alla tua?

Crederci anche quando la strada è in salita, continuare a formarsi, ascoltare chiunque sospendendo il giudizio. In ultimo, se la “pancia” ti dice che c’è un’occasione, vai fino in fondo!

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