Senza Nome

In questa intervista, abbiamo il piacere di conoscere Lucio, un Dottore Forestale che ha saputo trasformare la sua passione per la natura e il territorio in un’impresa innovativa. Fondatore di Walden s.r.l., Lucio si dedica alla valorizzazione delle risorse naturali e allo sviluppo sostenibile delle aree rurali, mettendo al centro il coinvolgimento delle comunità locali. Con il progetto Robin Wood, promuove soluzioni basate sulla natura per le aziende e gli enti culturali, puntando a creare un futuro più sostenibile per il nostro paese. Scopriamo insieme il suo percorso, le sfide e la sua visione per un mondo più consapevole e resiliente.

Ciao Lucio, ci racconti in breve chi sei, di cosa ti occupi, del tuo lavoro e dei tuoi progetti?

Dottore Forestale di formazione trasformato in “smanettone rurale”. Nel 2019 ho dato vita alla PMI innovativa Walden s.r.l., tramite la quale offriamo servizi nell’ambito della pianificazione territoriale orientata allo sviluppo rurale, alla valorizzazione dei servizi ecosistemici e delle risorse naturali attraverso lo sviluppo di filiere agro-silvo-pastorali e turistiche, mettendo al centro delle nostre attività il coinvolgimento delle comunità. Il nostro progetto di punta si chiama Robin Wood, iniziativa che promuove l’avvio di percorsi di sostenibilità per aziende ed enti culturali anche attraverso il supporto all’implementazione di Nature Based Solutions e la promozione di attività di gestione attiva del patrimonio naturale italiano.

Come mai hai deciso di intraprendere questo percorso? Che cosa ti motiva e ti interessa veramente?

Il motivo che ci spinge a lavorare ogni giorno a fianco delle comunità è questo: vogliamo contribuire a creare territori, comunità e foreste a forma di futuro. Crediamo semplicemente che la via per costruire un mondo giusto e sostenibile risieda in un consumo più consapevole e ragionato delle risorse e che non si possa pensare che siano sempre gli altri a dover iniziare. La deforestazione e perdita di biodiversità a livello globale da un lato ed il drammatico processo di abbandono delle nostre aree interne dall’altro lato possono sembrare due problemi che apparentemente non sono collegati, ma non è così. Con una pianificazione territoriale lungimirante e multifunzionale possiamo fare un uso migliore delle nostre risorse creando nuova economia per le aree rurali, territori che attualmente faticano a immaginarsi un futuro, e allo stesso tempo contribuire a diminuire la pressione su Paesi e habitat fortemente minacciati dalle nostre esigenze.

Dove vivi e lavori?

Vivo a Saluzzo, lavoro soprattutto in Piemonte e Nord Italia.

Quali sono le criticità più importanti nel tuo territorio? (la regione in cui vivi)

La nostra realtà parte dalle aree interne del Nord Ovest Italiano, ma le problematiche che riteniamo prioritarie sono un po’ le stesse di tutti questi territori a livello italiano: un degrado diffuso, che a livello sociale riscontriamo nell’invecchiamento demografico e nell’appassimento del tessuto socio-economico e culturale, e a livello ambientale consegue nell’abbandono del patrimonio naturale e agro-silvo-pastorale e nei crescenti impatti del cambiamento climatico.

Nel tuo territorio cosa dovrebbe portare l’innovazione sociale per generare un vero cambiamento?

L’innovazione sociale dovrebbe innanzitutto rilanciare il ruolo centrale del settore primario, inteso non solo come produzione di beni, ma soprattutto come custodia attiva del territorio. La gestione agro-silvo-pastorale multifunzionale, orientata alla biodiversità e all’azione per il clima può diventare il motore di un nuovo sviluppo locale, capace di rigenerare i paesaggi e, al contempo, di creare opportunità lavorative che valorizzino il sapere e la cultura rurale. Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale promuovere una visione di sostenibilità che unisca la consapevolezza ambientale, il mantenimento dei servizi ecosistemici e l’innovazione nei processi produttivi, favorendo il dialogo e il confronto anche con il contesto urbano. Solo rinsaldando i legami economici, culturali e sociali tra le aree interne e le città potremo dare forza a filiere locali solide e allo stesso tempo aperte al mercato, generando nuove prospettive di sviluppo condiviso. In questo modo, le comunità locali tornano ad essere protagoniste, sperimentando modelli di gestione delle risorse che coniughino identità territoriale e vocazione imprenditoriale, per costruire insieme territori più dinamici, inclusivi e resilienti.

Quale contributo porti alla nostra comunità? (Apical/Solar)

Porto più di 15 anni di attivismo nelle aree interne, che ho vissuto da studente, gestore di un centro culturale, amministratore locale, professionista e infine imprenditore “a impatto”, tutti vissuti in prima linea con un occhio di riguardo per i boschi, la Natura e la comunità.

Cosa vedi nel futuro dell’innovazione sociale?

La capacità di leggere un problema da più punti di vista, creando delle connessioni con altre sfide in modo da costituire un fronte comune.

Che consigli daresti a una persona che vuole intraprendere una strada simile alla tua?

Oserei dire: parti da un buon paio di scarponi. Non solo per camminare sui sentieri, ma come metafora di un atteggiamento aperto alla scoperta, intraprendente e resistente. Lavorare in processi di rigenerazione vuol dire perdersi, incontrare sentieri impervi e salite ripide che sembrano portare al nulla, ma la strada è ricca di momenti in cui scoprire paesaggi inaspettati e esperienze che ti segnano la vita. È utile lasciarsi guidare dalla curiosità e dalla voglia di imparare sul campo: studiare il territorio come fosse una costellazione di storie e ascoltare le persone come se ogni aneddoto fosse un seme da far germogliare. Senza avere paura di innovare e replicare buone pratiche viste altrove, sperimentando soluzioni che possono sembrare insolite: spesso sono proprio quelle a generare i cambiamenti più profondi.

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