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Rebecca d’Andrea è danzatrice, ricercatrice e attivista, e con il suo progetto ha preso parte al Pilot Program 14 di Apical. Il suo lavoro si muove sul confine tra arte, ecologia e pedagogia, con l’obiettivo di costruire percorsi educativi che aiutino le giovani generazioni a riconnettersi con l’ambiente partendo dal corpo come primo ecosistema.

Rebecca ci racconta come è nato il suo progetto, le sfide incontrate lungo il percorso e cosa ha significato per lei partecipare al programma. Un dialogo sincero e appassionato su sostenibilità, creatività, strumenti concreti e il bisogno di trovare nuove narrazioni per affrontare l’eco-ansia e il cambiamento.

Ciao Rebecca, ci racconti in breve chi sei, di cosa ti occupi e il tuo progetto?

Sono una danzatrice e performer, da anni porto avanti una ricerca artistica che mette in dialogo il corpo e l’ambiente. Parto dall’idea del corpo come ecosistema per poi ampliarne la visione e riconoscerlo parte integrante di un ecosistema più ampio, quello naturale, con cui possiamo attivare un dialogo più consapevole e sostenibile.

All’interno del Pilot Program di Apical ho deciso di sviluppare un progetto rivolto principalmente agli adolescenti, ma non solo. L’obiettivo è creare percorsi di educazione corporea e ambientale da proporre in scuole, centri culturali o contesti accessibili anche economicamente, cercando di offrire attività gratuite o a basso costo. L’approccio è creativo, artistico, volto a stimolare immaginazione, curiosità e soprattutto un senso di connessione e responsabilità verso l’ambiente. Voglio offrire strumenti che aiutino i giovani ad affrontare anche il tema dell’eco-ansia, dando spazio alla capacità di re-immaginare il futuro partendo dal corpo e dalla relazione con la natura.

Come sta andando il tuo progetto? Stai facendo progressi? Hai cambiato qualche idea rispetto all’inizio?

All’inizio del percorso con Apical ero molto carica: avevo già iniziato a promuovere il progetto, fatto un primo test con un piccolo gruppo e avevo una visione abbastanza chiara — o almeno così credevo — di come avrebbe potuto svilupparsi. Poi, con l’andare avanti degli incontri, ho sentito la necessità di destrutturare alcune idee iniziali per ricalibrarle su un piano più realistico e pratico. È stata una fase di passaggio importante.

Dopo un primo slancio molto energico, ho attraversato un momento di rallentamento. Mi sembrava di dover cambiare qualcosa. È stato un periodo di confusione, ma anche di ascolto. Pian piano, attraverso il confronto con il team di Apical e grazie a strumenti più concreti — come quelli legati alla scrittura dei bandi, alla comunicazione, alla definizione dei partner — ho iniziato a vedere il progetto da un’altra prospettiva. Devo dire che in certi momenti ho avuto la sensazione che questo processo rischiasse di snaturare l’essenza più artistica del mio lavoro, perché entravano in gioco aspetti più analitici e strutturati. Ma mi sono affidata. Ho capito che, se voglio rendere questo progetto sostenibile nel tempo, ho bisogno anche di cambiare alcune modalità e immaginare una gestione più equilibrata tra energia investita e risorse disponibili. Non posso sempre contare solo sull’entusiasmo e sulle forze personali. Nell’ultimo periodo sto raccogliendo i frutti di questo cambiamento di prospettiva. 

Come valuteresti la tua esperienza complessiva all’interno del Pilot?

Quello che posso dire è che, fino ad ora, è stato un percorso nutriente. Un programma che, se vissuto con la giusta attenzione, può davvero aiutare a far emergere e analizzare alcune dinamiche fondamentali che stanno alla base di un progetto.

Cosa ti è piaciuto di più del Pilot fino a questo momento?

Una delle cose che ho apprezzato di più è stato sicuramente il lavoro in coppia, il peer-to-peer. È stato uno spazio di scambio autentico e prezioso, che ha permesso un dialogo vero e un supporto reciproco che andava oltre la semplice condivisione di idee. Mi ha colpito in particolare come, anche tra progetti diversi, si potesse riconoscere una sorta di affinità di direzione, un’intenzione comune.

Cosa ti ha spinto a partecipare al programma?

Quando ho scoperto questo percorso ero in un momento in cui avevo già deciso di ristrutturare i miei progetti, sia a livello personale che professionale. Lavorare in ambito artistico e formativo, cercando di proporre un’alternativa a un sistema che spesso si muove in direzioni opposte, non è semplice. Ero in un punto in cui sentivo il bisogno di maggiore coerenza tra ciò che volevo trasmettere e la forma con cui portarlo avanti.

Già da tempo tenevo corsi e conducevo laboratori, ma per renderli sostenibili avevo capito che serviva una svolta, una maggiore chiarezza e definizione. Il dialogo con Nicola è stato molto utile in questo senso: sentivo che, pur avendo già una visione abbastanza definita, avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a renderla più solida e realizzabile. Stavo anche esplorando altri percorsi ma ho percepito che il vostro programma mi avrebbe accompagnato in modo più continuativo e centrato davvero sul mio progetto specifico. La fiducia già costruita con Nicola e la sua affinità di pensiero, soprattutto su temi come sostenibilità e attivismo, mi hanno dato quella spinta in più per scegliere questo cammino

Se anche tu hai un progetto che vuoi far crescere e trasformare in realtà, non perdere l’occasione: iscriviti al prossimo Pilot Program e inizia il tuo percorso con noi! Scopri di più e candidati oggi stesso!

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