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In un’epoca in cui le città e i territori affrontano sfide complesse legate alla sostenibilità e all’equità sociale, l’innovazione e la rigenerazione urbana diventano strumenti fondamentali per costruire comunità più vivibili. Oggi vi raccontiamo la storia di una libera professionista che ha fatto di queste tematiche il fulcro della sua carriera.

Ciao Elisa ci racconti in breve chi sei, di cosa ti occupi, del tuo lavoro e dei tuoi progetti?

Sono una libera professionista e mi occupo di progetti legati alla rigenerazione urbana e all’innovazione sociale in ottica di design visivo e comunicazione. Ho una formazione in lingue e mediazione linguistica, ma mi sono specializzata nello sviluppo territoriale e di comunità, con un focus particolare sugli aspetti umani e comunicativi di questi progetti. Faccio parte di un’APS che si occupa di scrittura progetti, urbanismo tattico, della valutazione di impatto e fornisce supporto nella progettazione per enti ed associazioni più piccole.

Come mai hai deciso di intraprendere questo percorso? Che cosa ti motiva e ti interessa veramente?

Ho sempre fatto parte del mondo dell’attivismo, specialmente durante il periodo universitario. Provenendo da un territorio montano in via di spopolamento, sono particolarmente sensibile ai problemi che riguardano la nostra società, dove spesso vengono sacrificati territori e minoranze. Alla base di tutto c’è un forte senso di giustizia che ha guidato le mie scelte sia in ambito universitario che professionale.

Dove vivi e lavori?

Attualmente vivo a Dublino, ma la mia base è a Padova. Ho una APS con sede a Napoli e lavoro molto in Campania, specialmente a Napoli e nelle aree interne.

Quali sono le criticità più importanti nel tuo territorio? (la regione in cui vivi)

Il Veneto soffre molto a causa della mancanza di pianificazione a lungo termine nei piani di sviluppo territoriale. Le politiche turistiche attuali non favoriscono le città e i luoghi e il senso di appartenenza, come si può vedere chiaramente a Venezia: una città ormai invivibile, senza residenti e ormai scarsa di opportunità. Nelle aree montane, vittime di un continuo spopolamento a favore delle province più centrali, è necessario ripensare un modello di sviluppo territoriale che metta al centro le persone. Non solo l’imprenditorialità economica, ma soprattutto un’imprenditorialità creativa, capace di portare un turismo rigenerativo e di preservare il patrimonio culturale della regione.

Nel tuo territorio cosa dovrebbe portare l’innovazione sociale per generare un vero cambiamento?

È necessario superare una visione limitata e poco lungimirante in termini di interventi e rigenerazione territoriale, passando ad una visione che affronti i problemi strutturali della società. Dobbiamo arrivare ad un cambio di paradigma che parta dall’abitabilità e vivibilità dei luoghi.

Cosa vedi nel futuro dell’innovazione sociale?

Il futuro dell’innovazione sociale, credo, dovrebbe puntare a creare un senso critico diffuso e condiviso tra molte persone, per portare a un cambiamento profondo e radicato. Non possiamo focalizzarci solo su piccole esigenze temporanee. Spero che il grande processo di innovazione sociale che stiamo vedendo evolversi in questi anni possa ribaltare le istanze che ci governano attualmente.

Che consigli daresti a una persona che vuole intraprendere una strada simile alla tua?

Lavorando con enti del terzo settore e pubbliche amministrazioni, il primo consiglio che darei è di avere molta pazienza. I cambiamenti sono lentissimi e, per ora, è difficile vedere un cambiamento davvero “disruptive” a livello sociale. È importante approcciarsi con una mente aperta, perché spesso tendiamo a progettare dall’alto e a imporre soluzioni su territori e persone che magari non hanno veramente bisogno di ciò che proponiamo. Bisogna prestare molta attenzione alle reali esigenze espresse dalle comunità e dai territori.

Il percorso di Elisa è un esempio di come l’attivismo, la giustizia sociale e la rigenerazione urbana possano convergere in una carriera dedicata al miglioramento delle comunità e dei territori. Con un impegno che spazia dalla Campania al Veneto, fino a Dublino, il suo lavoro dimostra che il cambiamento è possibile solo con una visione a lungo termine e una profonda comprensione delle reali esigenze delle persone. In un momento storico in cui l’innovazione sociale sta prendendo sempre più piede, il suo contributo offre una speranza concreta per un futuro più equo e sostenibile.

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