Prova (1)

L’Italia è stato il primo paese al mondo a porre in Costituzione, fra i principi fondamentali dello Stato, un articolo che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità̀ e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.” (Articolo 9 della Costituzione)

Questo articolo è spesso richiamato dai numerosi comitati nati in tutta Italia per proteggere il territorio, il paesaggio e la biodiversità dall’espansione incontrollata dell’industria eolica.

Durante la Conferenza sul Clima di Bonn di giugno 2025, si è discussa l’agenda per la COP delle Nazioni Unite sul clima. Tuttavia, il disimpegno degli Stati Uniti e l’impatto ambientale delle guerre in corso mettono in discussione la reale possibilità di cooperazione internazionale in un contesto di crisi come questo. Come possiamo discutere di un futuro sostenibile mentre continuiamo a bombardare il presente?

L’Accordo di Parigi del 2015 ha escluso le emissioni delle operazioni militari dai piani climatici, omettendo così di contabilizzare le emissioni di gas serra causate dalle guerre. Le operazioni militari rappresentano oltre il 5,5% delle emissioni globali, paragonabile all’intero settore dell’aviazione civile e dei trasporti cargo.  

La COP 28 del 2023 ha segnato un momento cruciale nella lotta al cambiamento climatico: la presentazione del primo bilancio globale dell’Accordo di Parigi. Questo bilancio aveva lo scopo di valutare i progressi compiuti verso il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici fissati nel 2015. I risultati sono stati chiari: per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1.5°C, è fondamentale raggiungere il picco delle emissioni globali di gas serra entro il 2025, per poi ridurle drasticamente del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035 (rispetto ai livelli del 2019). La domanda che sorgono sono almeno 2: come può il bilancio globale essere completo e affidabile ignorando le emissioni militari? E di conseguenza come è possibile definire una strategia efficace ignorandole?        

Guerre, bombardamenti e produzione di armi ‘incendiano’ il mondo, ma rimangono esenti per ragioni di “sicurezza nazionale”.      

Parallelamente, si richiede di abbattere alberi, cementificare crinali e montagne, sacrificare paesaggi per costruire impianti eolici industriali. La richiesta di sacrificare paesaggio e territori per una transizione ecologica, che ignora sistematicamente le emissioni del settore bellico e di difesa, appare parziale ed ingiusta dimostrando la sua stessa fragilità. In questo scenario anche la cooperazione globale sembra indebolita, senza fiducia la cooperazione si sgretola, minando la possibilità di un’azione climatica coordinata. 

Non esistono “opzioni green” per far volare un F-35 o per muovere una portaerei e tantomeno per lanciare missili. Eppure, mentre i cieli si riempiono di fumo di guerra, si continuano a presentare progetti di pale eoliche alte come grattacieli da 60 piani su tutti i crinali che attraversano da nord a sud il nostro paese.

Finché continueremo a ignorare l’impatto ambientale delle attività militari, ogni nostro sforzo per un futuro sostenibile sarà come cercare di svuotare l’oceano con un cucchiaino.

Perché, alla fine, il “lusso” che il nostro pianeta non può più permettersi è prima di tutto la guerra stessa.

Silvia Vinciarelli

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